PROFILO TECNICO-STLISTICO DEL MAESTRO LUIGI BELLINI
1912 -1989
La vita artistica di Luigi Bellini inizia nel 1924, in un periodo della storia dell'arte dove le varie componenti del pensiero artistico tra la fine dell' 800 e l'inizio del 900 avevano già maturato e dato nuovi frutti e nuove esperienze, tra divisionismo, liberty, cubismo, dadaismo e futurismo. La formazione del Nostro, lontano da questi fenomeni, avviene all'interno dell'Accademia delle Belle Arti di Napoli dove è ancora viva l'influenza della scuola dell' 800 napoletano, con la scuola di Posillipo, dove l'Accademia volgente al neo-classicismo ne decreta suo malgrado il successo di artisti che dipingevano su piccole tele paesaggi, vedute, marine dal tratto incerto e dai colori compositi. Piccoli dipinti formati da macchie, imprecisione e linee prospettiche fuori dai canoni, talvolta sui più disparati supporti come carta, cartone e rudi pezzi di tavola, catalogano il gruppo della “Scuola di Posillipo” associandolo ad un significato dispregiativo. Uno degli ultimi fenomeni di questa scuola è il suo maestro Ezechiele Guardascione che volgeva “in senso positivo le critiche che nei decenni precedenti avevano decretato un declino critico della figura di Toma e tra queste, in primo luogo, quella relativa alla sua austerità cromatica (che ne fa un pittore atipico dell'Ottocento napoletano), sobrietà che da Morelli in poi era stata largamente contestata. Il G. individuò nel frequente ricorso ai toni di grigio da parte di Toma non già una lacuna nell'uso del colore, quanto piuttosto l'efficace espressione di ambientazioni intime e di stati d'animo sommessi”. Essenziale per la sua formazione e l'incontro con LUIGI BRIGNOLI (Palosco (Bergamo), 1881 - Bergamo, 1952) tra a Bergamo e Milano, dove impara la tecnica del ritratto dei paesaggi, vedute cittadine, scorci di vita quotidiana.
In Luigi Bellini convivono queste due esperienze, la napoletana e la lombarda facilmente individuabili all'interno della sua produzione artistica pluridecennale. Ed il meglio della sua produzione artistica è sicuramente individuabile tra il periodo che va dal 1946 al 1959. In questo periodo il Bellini raggiunge risultati altissimi coniugando nelle sue opere le due esperienze formative. Il Bellini tutto è tranne che un artista “provinciale”, e pur volutamente restando fuori dalle mode artistiche dell'epoca, continua in solitudine a produrre quadri di sicura onestà intellettuale e senza compromessi con il neo-realismo in voga nel periodo. E qui che il Nostro raggiunge altissime ed espressive vette artistiche, dove coniuga la tecnica paesaggistica e la luce del nord, con rare punte di artisticità, riscontrabili solo nei quadri dell'Impressionismo francese. E come Monet, Pissarro e Renoir anche il Nostro si reca ogni giorno sulle sponde “della Senna e dell'Oise” per dipingere dal vivo i paesaggi appartenenti al mondo realistico ai quali interessa in modo particolare rendere veri i riverberi della luce sulle cose, e del tempo. I colori riflessi dal Bellini appaiono in continuo movimento ed infondono nella terra nell'acqua nell'aria una nuova e luminosa energia. La sua tecnica parte sempre da una tonalità di base che man mano si diluisce, si adegua, si espande sulla tela secondo le esigenze del quadro, Tecnica incredibilmente difficile? Quei colori suggeriscono al Bellini l'idea di dipingere la luce attraverso l'accostamento dei colori, senza usare gli usuali toni scuri per riprodurre le ombre. Viene dipinta anche l'aria e le sue variazioni, come la temperatura ed il vento la neve le persone: così tutte le cose in questo genere di pittura hanno un movimento. E' la luce che pervade i suoi quadri, che si propaga, che si modifica, che crea le differenze di tono e di ombre e genera movimento. Ma Luigi Bellini è anche un insuperabile ritrattista. Per il Bellini il ritratto era una sfida continua con se stesso e con il committente, la capacità di cogliere il profilo psicologico del personaggio di interpretarlo e spesso di trattarlo con sapiente ironia. Nella vulgata corrente il bel ritratto è quello che più assomiglia al personaggio, ed il Nostro in questo era davvero insuperabile. Ma i ritratti più belli sono sempre quelli del periodo 46-59 dove non prevale mai la somiglianza fine a se stessa, ma l'interpretazione del carattere, l'analisi psicologica del personaggio. Il tutto, come abbiamo visto, supportato da una tecnica pittorica unica e rara. Il ritratto della vecchia madre è un vero capolavoro, qui emerge l'affetto e la gioia, la colpa, la tristezza, ed anche il figlio disperato verso il volto della madre che sta per lasciarlo.
Sant'Andrea di Conza, 15-02-2012
Michele Bellino
N. B. - Vedi anche le note biografiche del maestro L. Bellino (Roberta Cassese).