Alla ricerca del passato
Giusto per aggiungere qualche altra notizia sul passato del nostro paese, vogliamo, con la presente pagina, accennare ai mulini di Sant'Andrea di Conza. Diciamo subito che queste note hanno come principale riferimento il Catasto cosiddetto "Provvisorio" stilato all'incirca nel 1825 perché in esso si ...
... ritrovano censiti un po' tutti i mulini realizzati sul nostro territorio. È opportuno ricordare che solo con l'eversione della feudalità, ossia dopo il 1806, fu liberalizzato l'uso delle acque e quindi la costruzione di altre strutture poté avvenire liberamente. In precedenza era esclusivamente il Barone, ossia l'Arcivescovo, a poterne disporre e quindi il numero dei mulini era molto minore. Solo di pochi si conosce l'epoca di realizzazione e le notizie recuperate sono molto scarse. Nel sopraddetto strumento censuale è riportato che "Nel comune di S. Andrea vi sono nove molini: tre appartengono alla mensa Arcivescovile ...". Ad esso abbiamo creduto opportuno aggiungere un cenno a qualche altro manufatto della stessa natura e/o funzione. Ci limitiamo quindi a riportare un elenco, che segue l'ordine di posizione (topografica) lungo il percorso della Forma e dell'Arsa, con qualche breve descrizione. Da precisare infine che l'indicazione dell'ubicazione nella mappa allegata è solo indicativa e molto approssimativa.
A. Mulino “alla fonte”
Seguendo il corso dell’acqua della “Forma” risulta essere il primo mulino.
Notizie abbastanza dettagliate su questo mulino vengono fornite dall'atto notarile del 10 giugno 1825 stipulato per mettere fine alle “varie liti” causate dalle servitù alle quali era stato assoggettato il Monastero da parte dei proprietari del Mulino alla fonte. Da questo atto si rileva che tale mulino fu costruito agli inizi del 1800 ma in un atto notarile del 4 novembre 1802 di vendita di una vigna alla Fonte si fa riserva di modificare le condizioni della stessa vendita nel caso si costruisse un molino nella zona.
Nel Catasto Provvisorio il mulino “alla Fonte” risulta appartenere agli eredi di Don Carlo De Laurentiis e soci. Qualche anno fa è stato restaurato e fa bella mostra di sé ai margini del paese.
B. Mulino di sopra (o “basso la torra”)
Ubicato all’inizio dell’attuale Via Sambuco, era il primo, nell'ordine del percorso, della Mensa Arcivescovile e veniva così denominato anche in vari contratti di affitto. In pratica coincideva con il fabbricato in cui attualmente è stata ricavata l’abitazione di proprietà Mastrodomenico. Ciò si può desumere inequivocabilmente da un atto notarile in cui si parla di una “casa nel luogo detto il mulino di sopra, confinata colla Torre del Palazzo Arciv.le, con quelli di Pietro Gaudiuso, di Cesare Coppola ed altri”. All'epoca del Catasto Provvisorio apparteneva ancora alla Mensa Arcivescovile.
C. Mulino “Le Grotte”
In ordine di tempo, forse è l’ultimo mulino ad essere stato realizzato. Era ubicato nella “Strada Le Grotti” a qualche decina di metri dalla Piazza e fu successivamente inglobato nelle case di Riccardo Giorgio e di Giuseppe D’Amore. Era alimentato anch’esso dall’acqua della Forma, opportunamente deviata dal suo antico corso attraverso il giardino della famiglia Abbruzzese. Ad essa si univa poi l’acqua del Sambuco e tramite la solita “canala”, sopraelevata con arcate, arrivava al mulino.
Qualcuno ricorda ancora i ruderi della canala principale, ridotti ad un ammasso di pietre, verso la fine degli anni ’50 nonché il canale dell’acqua del Sambuco che si immetteva sotto le abitazioni citate fino alla fine degli anni ’70.
Probabilmente questo mulino sostituì una tintiera di epoca precedente, forse poi trasformata in una forgia.
Nel 1825, come riportato nel Catasto Provvisorio, risulta appartenere a Francescandrea Grossi e soci. Nel verbale, redatto il 2 maggio dello stesso anno, contenente le valutazioni dei fondi estranei alle terre, ed alle case, il "Controloro" sostiene che “Questo molino è stato costruito dopo la formazione del catasto. Si è verificato che è stata venduta, dal sudd.o Grossi, a’ socj, una mettà di esso, sopra la rendita di quaranta tomola di grano, che valutandosi alla rag. e di carlini venti al tomolo, importano D. ottanta, da cui dedottone il 3° rimarrebbe l’imponibile di D. 53,34, ma comeché questo molino ha bisogno delle continue reparazioni per la sua male situazione, abbiamo stabilito di rilasciare il 4° de’ detti D. 53,34 e fissare il suo imponibile per duc.ti quaranta”.
D. Mulino di mezzo (ora prop. D’Angola)
Era il secondo della Mensa Arcivescovile, ubicato poco fuori della Porta della Terra. Sembra utile ricordare che l'acqua proveniente dal mulino "Le Grotte", dopo aver attraversato l'attuale Via C. Battisti, correva parallelamente alla stessa via per unirsi, dopo aver attraversato alcune abitazioni, con l'acqua della Fontana e, molto probabilmente, vicino alla "Pila", con l'acqua del torrente di San Pietro.
Fu inglobato nell'abitazione D'Angola e poi trasformato in frantoio.
E. Mulino della Forma (di Giuseppe D’Angola)
Questo mulino fu costruito anch'esso dopo l'eversione della feudalità e la liberalizzazione dell'uso delle acque. Interessante il fatto che per alimentarlo fu necessario costruire una “canala” in legno dato che i proprietari dei terreni che attraversava non consentirono di realizzarla altrimenti. Nel Catasto Provvisorio del 1825 risulta appartenere a D. Giuseppe d’Angola e fratelli, con un imponibile di 40 ducati.
F. Mulino “di piede” o “di basso”
Era il terzo della Mensa Arcivescovile. È quello che si è meglio conservato, ma pare stia per crollare. Ha funzionato fino ai primi anni ’50 del secolo da poco trascorso.
Di questo mulino è allegata una foto, scattata negli anni '80 del secolo scorso, nella quale si scorge, evidente, anche la torre del mulino "D'Angola" ubicato poco al di sopra.
In prossimità di questo mulino era situato il cosiddetto “dolce” ossia una pietra squadrata (di circa un metro cubo) sulla quale si appoggiavano i contadini nell’attesa di poter deviare le acque a valle del mulino nelle diverse contrade (Forma, S. Antonio, Fiego). Fino ad agosto 2002 tale pietra si trovava al margine della piazzola di sosta attigua ai ruderi del mulino. Nell’agosto del 2005 è poi sparita.
G. Mulino Boccella (o Buccella)
Nel Catasto provvisorio risulta di proprietà di Domenico Buccella e risulta ubicato nel luogo S. Antonio. Si sa solo che anch'esso fu costruito dopo l'eversione della feudalità.
H. Mulino dell’Arsa (Anguillara)
Notizie reperite da atti notarili ci dicono che è appartenuto alla famiglia Vetromile. Era ubicato nel “luogo detto le Gualchiere” ed era “animato dall’acqua del Fiume detto Arsa”. Per potervi accedere era necessario un ponte che dovevano realizzare, almeno secondo gli accordi previsti nel contratto di affitto del 1801, i proprietari Vetromile e Bellino.
All’epoca del Catasto Provvisorio (1825) risulta appartenere per un sesto a Francescandrea De Laurentiis, per un altro sesto a Felice Vetromile fu Giacomo, per un terzo a Nicola Vetromile fu Giacomo e per il restante terzo a Pasquale Bellino.
Una decina di anni fa era allo stato di rudere ed era individuabile una stanza di circa 3 m per 5 m. Si vedeva distintamente la torre e sembrava ancora esistere una grande vasca di raccolta dell'acqua, scavata nel terreno.
A quanto pare, a memoria anche di qualche vivente, era un mulino che è stato gestito in tempi recenti dalla famiglia Russoniello (Negus).
I. Gualchiera
Questo manufatto, anch'esso ormai allo stato di rudere, appare simile al vicino mulino dell’Arsa all'Anguillara ma la torre sembra più bassa. Verso la base della torre era presente un buco nella parete come una finestrella (eccentrica) ma non sembra relativa al canale di adduzione. Più in basso sembrava delinearsi un incavo tondeggiante.
Esisteva già all'epoca del Catasto Onciario (1743) dal quale si rileva che Andrea Vetromile possedeva una casa nella zona Anguillara per uso di "varchiera, che per mancanza d’acqua che non è continua valca tre mesi più o meni, stimato di rendita annui carlini venti". È ovvio che per poterla utilizzare era stata ottenuta l'autorizzazione dell'Arcivescovo.
L. Mulino a Cesina Nuova
Nel Catasto Provvisorio risulta appartenere ad Andrea Mastrominico e viene censito per un’imponibile di 24 Ducati.
Si trovava, sempre in corrispondenza dell’Arsa, all’altezza della contrada “Cesina Nuova”. Diversi anni fa [~ anni 90], un po’ al di sopra dell’ultimo mulino (~ una cinquantina di metri), erano visibili dei ruderi ma non si può essere certi che sia quello. È abbastanza evidente invece che da tale luogo parte una sorta di muro a secco che va verso valle.
Alcuni dei cerchi in pietra costituenti la condotta di alimentazione sono stati utilizzati come parapetto di un pozzo sito a Tortorino, altri sono stati presi da altri privati.
M. Mulino della Mensa Arcivescovile
Molto vicino all’Arsa, poco al di sopra del ponte della Via dei Vaticali, potrebbe essere quello citato nell'atto di donazione del Conte Gionata.
La forma è abbastanza insolita (grosso cilindro di circa tre metri di diametro) e piuttosto basso (circa 3 m). È ancora individuabile la “canala” e pertanto la sommità è definita. Non appare chiaro invece dove potesse essere la base.
Nelle vicinanze è molto evidente un muro a secco con pietre squadrate di dimensioni varie, alcune molto grandi, che sembra seguire un andamento curvilineo (vasca di raccolta?).
Non è inutile aggiungere che chiunque avesse altre notizie o potesse correggere queste note è pregato di farlo inviando un commento o un'email.