... a Sant'Andrea (e non solo)
Riceviamo, da Maria Antonietta Santorsola, e volentieri pubblichiamo questo bellissimo e approfondito articolo.
Un po’ di storia...
Merletti, ricami, lavoro a telaio, all’uncinetto, la maglia, il tombolo sono quasi sconosciuti alle giovani generazioni, a meno che, non abbiano avuto in casa, in famiglia delle nonne o madri che si erano applicate a quei lavori nella vita.
In tempi non troppo lontani era usanza, qui a Sant’Andrea e come in tanti altri paesi d’Italia, preparare “il corredo” alle figlie: un set completo di biancheria (lenzuola, tovaglie, asciugamani, biancheria per la casa) da utilizzare dopo il ...
... matrimonio.
Ogni famiglia aveva almeno una donna che imparava, sin da piccola, la difficile quanto paziente arte del ricamo e dell’uncinetto. Una vera e propria arte che veniva portata avanti con orgoglio. Fino a qualche decennio fa era molto facile osservare donne che, nelle lunghe sere invernali, sedute accanto al camino acceso, con mani abili ed infinita pazienza, cucivano e ricamavano lenzuola, coperte, teli da bagno e canovacci, producendo piccoli capolavori dal valore inestimabile. Soprattutto d’estate si era solite sedersi sull’uscio di casa, tutte intente a lavorare una maglia con i ferretti o all’uncinetto, un centrotavola a punto croce o bordure diverse per lenzuola o asciugamani.
A portare avanti questo compito era la madre della futura sposa, che cominciava ad acquistare il corredo fin da quando la figlia era bambina, per non trovarsi impreparata, quando sarebbe venuto il momento del matrimonio. A volte la madre induceva la stessa figlia, ancora ragazzina, a preparare il proprio corredo, che a poco a poco si accumulava nel corso degli anni, fino ad assumere un certo valore.
Circa un mese prima del matrimonio il corredo veniva lavato e stirato e messo in esposizione nella casa della sposa. L’attività di finire, lavare e stirare il corredo coinvolgeva un gran numero di donne reperite tra parenti e vicine di casa, senza dimenticare che molte di quest’ultime venivano persino pagate a giornata.
Si respirava un’aria di festa e non mancavano piccoli scherzi e battute salaci da parte delle più anziane. Agli uomini non era negata la possibilità di assistere alla preparazione del corredo, ma il più delle volte il loro aiuto era richiesto solo per montare “i tavoli” su cui si esponeva. Parenti, amici e familiari soprattutto dello sposo venivano, infine, invitati ad ammirare le caratteristiche del corredo, affinché la famiglia potesse fare sfoggio della sua elargizione.
Questa era anche l’occasione per portare il regalo o fare gli auguri. A seguire non mancavano mai i commenti.
Il corredo, oltre ad essere un obbligo per la sposa, era considerato un elemento fondamentale per presentarsi bene ai nuovi parenti e a tutta la comunità. In realtà formava parte della “dote”.
Non era soltanto un fatto individuale e, ovviamente, di prestigio della famiglia (il corredo era esibito pubblicamente prima del matrimonio), ma era vissuto dalla collettività come garanzia sociale.
Tutto veniva, comunque, preparato secondo le condizioni economiche della famiglia della sposa.
Questa tradizione è continuata fino alla prima metà del XX secolo. Con il passare del tempo, il corredo ha finito per assottigliarsi, perdendo così anche la sua caratteristica di funzione sociale.
Oggi la maggior parte delle donne non crescono apprendendo le abilità di cucito, che erano così importanti nelle generazioni precedenti, una volta c’era anche maggiore attaccamento alle tradizioni, così il corredo per la casa si acquista quando l’immobile è pronto, in modo da sceglierlo in accordo con gli arredi.
Si ha un concetto moderno di “corredo”: si trasforma in una serie di capi pratici, qualitativamente buoni, coordinati tra loro e con il resto dell’ambiente che dovranno contribuire ad arredare. Per quanto riguarda gli indumenti intimi e vestiti, sono influenzati dai dettami della moda.
Molte di noi hanno, però, potuto apprendere, sin da piccole, le tecniche sia di ricamo che dell’uncinetto, saperi e trucchi del mestiere che ci sono state tramandate dalle nonne o madri più esperte.
A parte il ricamo, per il quale lascio il racconto a chi di competenza, vediamo come è giunto a noi l’arte dell’uncinetto.
Alcuni affermano che la sua origine risale alle tecniche preistoriche d’intreccio delle reti da pesca. Altri riferiscono la sua nascita ad una leggenda che arriva dalla Germania: in un piccolo paese tedesco viveva una donna molto brava a creare. Durante una nevicata un fiocco di neve si posò sul davanzale della sua finestra e lei rimase così colpita della forma e della perfezione che per provare a imitare il disegno prese un grosso ago ricurvo e un filo bianco.
In realtà questo lo racconta la leggenda, ma per quel che riguarda la tecnica del lavoro ad uncinetto è antichissima ed è per questo molto difficile risalire alle origini.
Si suppone che i primi lavori di questo tipo siano stati fatti con la mano, o meglio con un dito, che veniva piegato per creare i cappi e riprendere i punti. Solo con il passare del tempo si iniziò a sviluppare uno strumento simile all’uncinetto, realizzato inizialmente in legno, osso o bambù e poi in avorio e ambra.
Il reperto più antico che può essere considerato un precursore dei lavori all’uncinetto proviene dal lontano Jutland: si tratta di una sorta di berretto di lana, che secondo gli scienziati risale all’incirca a 3100 anni fa. Anche in altri luoghi le tecniche dell’uncinetto non erano sconosciute. Da documenti provenienti dal Sudamerica risulta per esempio che in alcune tribù primitive venivano utilizzati capi di abbigliamento o protezioni per il corpo all’uncinetto in occasione dei riti di iniziazione alla pubertà.
Mary Thomas, una studiosa americana, ritiene che le tecniche dell’uncinetto provengano originariamente dalla penisola araba, dalla quale si sarebbero diffuse verso oriente in Tibet e verso occidente in Spagna. Grazie ai mercanti e ai navigatori, tali tecniche si diffusero poi anche in altri parti del mondo. Dal XIII al XIX secolo il lavoro all’uncinetto era considerata un’occupazione tipica delle monache. Nei monasteri la biancheria per l’altare e per la casa veniva munita di semplici bordure all’uncinetto, non solo a fini decorativi, bensì essenzialmente per renderla più resistente. L’arte dell’uncinetto si iniziò ad apprezzare solo molto tardi negli ambienti borghesi e nobili.
All’inizio questa tecnica di lavoro manuale non era neppure considerata un genere di per sé, bensì come un mezzo per imitare difficili punti del ricamo. Tramite questa tecnica si lavoravano righe di punti catenella fissate sulla stoffa che imitavano i punti catenella del ricamo. Tali righe venivano lavorate fittamente le une accanto alle altre secondo diversi motivi ed imitavano in maniera sorprendente i ricami la cui realizzazione richiedeva molto più tempo e lavoro. I maestri in questo campo erano gli irlandesi, che in questo modo imitavano i preziosi pizzi veneziani.
Su questa base in Irlanda si sviluppò una vera e propria industria manifatturiera, che dopo la carestia del 1848 costituiva l’unico supporto economico del poverissimo paese. Lentamente andò sviluppandosi questo pizzo all’uncinetto che imitava il pizzo ad ago, che prese il nome di “pizzo d’Irlanda”. Esso si compone di motivi fantasiosi di fiori e foglie, di anelli, roselline o figure a stella, che vengono collegati tra di loro tramite il punto di fondo.
In Europa la sua larga diffusione ha inizio, come già detto, nel XVI secolo quando si cominciò ad abbellire gli arredi delle chiese. La tecnica del lavoro all’uncinetto passò poi alle donne di casa che capirono la necessità di abbellire anche dentro le pareti domestiche, non soltanto per creare tende o bordi di lenzuola per i corredi o centrotavola ma anche per confezionare abiti, scialli, berretti sia con la lana che con il cotone che con qualsiasi filato che lo permettesse.
Come è cominciato qui a Sant’Andrea il lavoro all’uncinetto non si hanno dati certi. Sicuramente, per molte di noi, oggi è divenuto un hobby rilassante, creativo che permette di realizzare con le proprie mani vere e fantastiche opere d’arte e soprattutto rendere unici capi già confezionati.
Maria Antonietta Santorsola
N. B. - Nelle immagini sono riportati alcuni lavori dell'autrice.